Calcio, il portiere Vincenzo Criscuolo si racconta
"Il maestro del calcio nazionale Ottavio Bugatti, mi ha insegnato
che nulla ci è regalato, nel calcio come nella vita, se non con i sacrifici"

Gerardo Ardito
Nel panorama dei personaggi cavesi dello sport, Vincenzo Criscuolo, calciatore professionista, merita certamente spazio
tra nelle pagine del nostro giornale.
Vincenzo Criscuolo, sposato con Rossella Silvestro dal '97, ha tre bambini, Alessia di 11 anni, Rita 9 anni e Giuseppe
6 anni. Enzo, come tutti lo chiamano, nasce a Johannesburg in Sud Africa il 21 febbraio del '71. Il papà Giuseppe noto
ristoratore di Cava de' Tirreni, nel ventennio a cavallo tra gli anni gli anni '50 e '70 si era trasferito in Sud Africa
per ragioni di lavoro. Enzo trascorre i primi 5 anni a Joannesburg per poi trasferirsi a Cava con la famiglia.
A 38 anni non ha perso l'aria di bravo ragazzo, che le vicissitudini della vita spesso corrodono. E' cordiale, sincero.
Traspare una sana educazione.
"Cominciai a giocare da ragazzino, - racconta Enzo Criscuolo- ogni giorno, ai tornei CSI, ricordo, coi fratelli
Peppe e Mario Paglietta (che oggi hanno la scuola calcio Alba Cavese), Ennio Adinolfi e Lucio Bisogno. Si giocava per
strada, i più bravi erano chiamati a giocare nei tornei provinciali. Erano gli inizi degli anni '80.
Fui prelevato dalla Cavese, -continua- l'allora responsabile del settore giovanile era Adolfo Albano ed il
compianto avvocato Garofalo; furono loro a far sì che iniziassi a giocare con le giovanili."
Quanti anni ha trascorso nelle giovanili?
"Nel settore giovanile ho giocato due anni e due in serie C nella prima squadra come secondo portiere; prima con
l'allenatore Santin, poi con Braca".
Cosa ricorda di quegli anni?
"Era bello perché c'era la voglia di apprendere questo nuovo mondo; abbinavo comunque la scuola al calcio, i miei
desideravano che non trascurassi gli studi..."
Erano permissivi?
"Non hanno mai imposto niente; anche perché ho ricevuto un'educazione che mi ha responsabilizzato. Avevano piena
fiducia in me. Nel mondo del calcio ho avuto la fortuna di incontrare uno degli ultimi maestri del calcio nazionale,
allora allenatore dei portieri: Ottavio Bugatti, oggi ottantenne".

Di cosa lei gli è grato?
"Mi ha formato tecnicamente. Mi ha formato caratterialmente e soprattutto mi ha insegnato che nulla ci è regalato,
nel calcio come nella vita, se non con sacrifici".
Successivamente, in seguito ai problemi societari ai quali andò incontro la Cavese nel '90, andai a giocare con la
Battipagliese che militava in C2. Vi approdai come portiere titolare".
Come andò?
"A Battipaglia fu un'esperienza indimenticabile, ottenemmo il record di imbattibilità, nel '95/'96 vincemmo il
campionato andando in C1".
Nel '96 -'97 e fino al 2001 hai giocato con la Nocerina, sfiorando la serie B...
"In C1, come primo portiere a Nocera era una piazza molto calda, essendo cavese non era facile conquistare le
simpatie.. A Nocera mi hanno apprezzato prima come persona e poi come calciatore. Abbiamo lavorato molto bene in quegli
anni..."
Sei il terzo come presenze tra i giocatori della Nocerina e il primo come portiere..
"Ad Ancona assistettero oltre 10.000 tifosi nocerini all'incontro, ma perdemmo 1-0 contro la Ternana. Fu, comunque,
un anno straordinario.
Dopo Nocera ho giocato con la Palmese, in C2, per due anni. Anche lì furono due ottimi campionati. Basti pensare che
allo stadio oltre 3000 persone ci seguivano costantemente (in una cittadina di 13.000 abitanti).
Dopo Palma Campania mi trasferii a Pesaro. Col Vis Pesaro in C1 per la prima volta giocavo fuori dalla Campania. Lì
c'era una qualità di vita diversa, ma durò solo una anno. La mia famiglia era con me. Poi giocai a Roma con la Lodigiani
(in seguito divenuta Cisco Roma); perdemmo la finale col Ravenna vedendo sfumare la promozione in C1; ma fu anche questo
un ottimo campionato.
Tornai con la Cavese, tre anni fa, il primo anno come secondo portiere e il secondo come titolare.
Poi giocai ad Aversa, un'esperienza non esaltante sotto tutti i punti di vista tra infortuni e vicissitudini varie.
Da luglio scorso gioco col Sorrento, in lega pro (C1).
Rossella, sua moglie, condivide la sua passione per il calcio?
"Mia moglie non mastica calcio, ma nei momenti di difficoltà mi è sempre stata vicino. Per un calciatore è molto
importante, la ringrazio pubblicamente per il sostegno che mi ha sempre dato".
Il suo infortunio più grave?
"Mi sono rotto la mandibola".
Se non avesse intrapreso la carriera di calciatore cosa avrebbe fatto nella vita?
"L'avvocato. Ero iscritto a giurisprudenza, ho preso 5 esami".
Nei suoi ritagli di tempo collabora alla rosticceria Alex, attività di famiglia. Siete una famiglia molto unita.. Chi
è stato il suo vero maestro di vita?
"Mio padre. E stato lui ad insegnarmi i veri valori e i sacrifici per la vita e come crescere i figli. Papà Giuseppe,
nonostante i suoi 73 anni, continua a dare il suo contributo all'attività, ed è l'esempio che porterò sempre ai miei figli".
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