Il Palazzo al Corso Umberto n.153, ora chiamato Palazzo della Cultura, è stato intitolato a Tommaso Avagliano, una figura chiave della cultura metelliana. Dal 21 settembre ospita il Museo di Mamma Lucia, il Teatro Comunale, il Museo della Ceramica e altri importanti spazi culturali. La cerimonia di intitolazione ha visto la partecipazione di autorità locali e familiari di Avagliano, creando un momento emozionante per la comunità.
Quel Palazzo in Corso Umberto 153, ricco di tesori presenti (il Museo di Mamma Lucia in primis, la sede degli Sbandieratori “Città de la Cava”, il prestigioso e spettacolare Presepe della Genesi, la sia pur emarginata Sala della Pergamena in bianco, la “biblioteca” di Domenico Apicella) e scrigno di un tesoro imminente come il Museo della Ceramica e di un tesoretto possibile come la Sala Teatro…
Quel Palazzo oggi ha una denominazione sacrosanta, Palazzo della Cultura, e l’intitolazione buona e giusta a uno degli esponenti più significativi della società cittadina, il caro Tommaso Avagliano, scomparso il 21 settembre di tre anni fa. Proprio in questa data è avvenuta la cerimonia di intitolazione, tra le suggestioni dell’antico cortile, con gli interventi gratificanti e illuminanti del Sindaco Vincenzo Servalli, dell’Arcivescovo Mons. Orazio Soricelli, del prof. Giuseppe Foscari e naturalmente dei familiari, rappresentati dai figli Mario e Sante.
Un riconoscimento importante, buono e giusto, per quello che Tommaso Avagliano è stato e per quello che è, anche se non c’è più.
Era un modello, un punto di riferimento, per tutti coloro che tra gli “amori” personali avevano la Cultura e la Città di Cava, che erano anche i suoi in una fusione armonica tra il locale e il globale a cui teneva tanto nella sua visione a trecentosessanta gradi.
Oltre che essere un docente di vaglia, scriveva e curava tanti libri proprio sulla nostra Cava, faceva articoli sui giornali e ne aveva anche fondato uno, Scacciaventi (con un bel gruppo di giovani speranze del giornalismo nostrano), e lui stesso ha scritto tante poesie belle, eleganti e comunicative, in lingua italiana e dialettale (tra le tante, il bellissimo omaggio a Mamma Lucia e l’emozionante descrizione dei fuochi di Castello, letta per l’occasione da Felice Scermino e dal sottoscritto e da). E cosa dire delle sue iniziative letterarie di alto livello e di quella magnifica Galleria d’Arte che aveva creato con l’indimenticato Sabato Calvanese?
Era “tazza e cucchiaio” con la Cultura, ma non si chiudeva tra i libri e partecipava costantemente alla vita pubblica, non disdegnando neppure la politica, tanto è vero che in un certo periodo è stato anche consigliere comunale. Chi lo ha conosciuto da vicino ha apprezzato le sue qualità intellettive ed umane nella loro vivace e comunicativa concretezza: l’appassionata partecipazione, la mirabile professionalità con la quale trattava tutto ciò che era scrittura, la competenza sulle piccole e grandi problematiche culturali, la puntigliosa combattività negli incontri… e negli scontri.
Quello che più ha inciso nella decisione di dedicargli il Palazzo della Cultura crediamo sia stata la sua capacità di diventare un editore di livello nazionale, pur partendo da zero. Nel creare e gestire le prestigiose opere delle “Avagliano edizioni” si è distinto come imprenditore abile, saggio e propositivo, competente selezionatore di testi, esperto e preciso editor, promotore di impaginazioni sempre eleganti e comunicative, impreziosite spesso dalle magnifiche copertine realizzate con il grande Gelsomino D’Ambrosio. Tante pubblicazioni di qualità, almeno due coloratissimi fiori all’occhiello. Il primo è Francesca e Nunziata, di Teresa Orsini Natale, un romanzo di tale impatto da trasformarsi in uno sceneggiato televisivo prodotto da Canale 5, con protagonisti del calibro e della popolarità di Sofia Loren, Giancarlo Giannini, Raoul Bova, Claudia Gerini! Il secondo, un superbestseller: la ristampa di Il resto di niente, il romanzo storico di Enzo Striano sulla Rivoluzione napoletana del 1799, che è diventato uno dei classici della seconda metà del Novecento.
E… cosa è oggi, Tommaso Avagliano? È innanzitutto la continuazione della Casa Editrice, che ora si chiama Marlin, come lo “squalo guerriero” del romanzo “Il vecchio e il mare” di Hemingway, e che è tornato vincitore con le sue centocinquanta pubblicazioni e autori di prestigio come Dacia Maraini. È la memoria storica della nostra Città, con i tanti libri scritti o prodotti. È parte della mente e del cuore di tanti che si sono avvalsi delle sue maestrie culturali. È il figlio Sante, “patron” proprio della Marlin, ed è il figlio Mario, uno dei maggiori storici nazionali, oltre che beneamato direttore del nostro giornale.
È insomma una persona che ha lasciato il segno e che tuttavia per ottenere un riconoscimento ufficiale ha dovuto attendere di guardarlo dall’alto dei cieli. E, guardandolo, avrà fatto un sorriso agrodolce, ma più dolce che agro, e avrà pensato, con spirito foscoliano e tonalità edoardiane, quella frase che sempre ci consola della nostra finitezza: “Je nun moro cchiù”…